Quello del mantenimento dei figli maggiorenni è un tema di sempre maggiore attualità.
Il fenomeno dei figli che rimangono a casa dei genitori anche in età avanzata è statisticamente rilevante e, con l’attuale crisi economica, decisamente in aumento: i giovani si immettono nel mondo del lavoro tardi e le occasioni lavorative sono limitate. Sempre più spesso, quindi, i Tribunali sono chiamati a decidere, caso per caso, i limiti e le condizioni di un obbligo che trova fondamento in un preciso quadro normativo, ma che non può e non deve durare in eterno. L’obbligo dei genitori di mantenere i figli fino all’indipendenza economica discende direttamente dall’ art. 30 della Costituzione e sussiste in capo a ciascun genitore in funzione del rapporto di filiazione, indipendentemente che derivi da genitori coniugati o meno e che rimane intatto anche qualora intervenga la separazione o il divorzio. In questi ultimi due casi, salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, sarà il giudice a fissare la misura dell’assegno di mantenimento che il coniuge non convivente con la prole dovrà versare all’altro o, se maggiorenne e se ritenuto opportuno, direttamente allo stesso.
Secondo quali parametri viene determinato l’assegno di mantenimento? Che spese comprende?
Ai fini della determinazione dell’assegno di mantenimento, il giudice dovrà considerare:
1) le attuali esigenze del figlio.
2) il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
3) i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
4) le risorse economiche di entrambi i genitori.
5) la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne, analogamente a quanto previsto per i figli minori, ha un contenuto ampio, tale da ricomprendere sia le spese ordinarie (vitto, abbigliamento, ecc.) che le spese straordinarie (istruzione, svago, attività sportiva, vacanze ecc). L’assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT e ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice può disporre un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione.
Sino a quando dura l’obbligo al mantenimento?
Per indirizzo costante della giurisprudenza e della dottrina, l’obbligo al mantenimento dei figli maggiorenni perdura sino a quando quest’ultimi non abbiano raggiunto un’autosufficienza economica tale da consentir loro di provvedere autonomamente alle proprie esigenze di vita. La giurisprudenza ha più volte definito i limiti del concetto di indipendenza del figlio maggiorenne, statuendo che non qualsiasi impiego o reddito fa venir meno l’obbligo del mantenimento sebbene non sia necessario un lavoro stabile, essendo sufficienti un reddito o il possesso di un patrimonio tali da garantire un’autosufficienza economica. La percezione da parte del figlio di somme di denaro di modesta entità a seguito dell’espletamento di attività lavorative saltuarie e/o “a chiamata” non può quindi integrare il predetto presupposto, atteso che detti emolumenti sono rimessi di fatto alla determinazione unilaterale del datore di lavoro. Affinché venga meno l’obbligo del mantenimento, lo status di indipendenza economica del figlio può considerarsi raggiunto in presenza di un impiego tale da consentirgli un reddito corrispondente alla sua professionalità e un’appropriata collocazione nel contesto economico-sociale di riferimento, adeguata alle sue attitudini ed aspirazioni. Ciò purché il mancato raggiungimento dell’autosufficienza economica, non sia causato da negligenza o non dipenda da fatto imputabile al figlio. E’ perciò configurabile l’esonero dalla corresponsione dell’assegno, laddove, posto in concreto nelle condizioni di raggiungere l’autonomia economica dai genitori, il figlio maggiorenne abbia opposto rifiuto ingiustificato alle opportunità di lavoro offerte, ovvero abbia dimostrato colpevole inerzia prorogando il percorso di studi senza alcun profitto.
Il genitore obbligato da un provvedimento del Giudice a contribuire al mantenimento del figlio maggiorenne può autonomamente ridurre o smettere di corrispondere la somma stabilita in caso di raggiungimento dell’indipendenza economica del figlio maggiorenne?
No, il coniuge onerato del mantenimento non può autonomamente provvedere ad autoridursi o eliminare del tutto il contributo che versa al figlio, ma deve instaurare un giudizio, volto ad ottenere la modifica delle condizioni stabilite in sede di separazione o divorzio. Il solo raggiungimento della maggiore età del figlio o la sua acquisita autosufficienza economica, infatti, non liberano in automatico il genitore onerato dal versargli il mantenimento; perché ciò avvenga è necessario un provvedimento del giudice.
Chi deve provare la raggiunta indipendenza economica?
L’onere probatorio, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, spetta al genitore che chiede di essere esonerato dall’obbligazione ex lege, il quale deve, appunto, fornire la prova che il figlio è divenuto autosufficiente, ovvero che il mancato svolgimento di attività lavorativa sia a quest’ultimo imputabile.
Esiste un limite di età massimo del figlio maggiorenne al raggiungimento del quale non si è più tenuti in alcun caso al mantenimento dello stesso?
Non è possibile prefissare un termine di durata dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni. Qualsiasi sia l’età del figlio l’obbligo cessa solo quando questo raggiunge l’indipendenza economica, costruisce una nuova famiglia autosufficiente ovvero non raggiunge l’autonomia per sua colpa.
Se il figlio perde la raggiunta indipendenza economica ha nuovamente diritto di essere mantenuto dai genitori?
Se il figlio ha trovato un impiego stabile che lo ha reso economicamente autosufficiente, ma poi lo perde, non risorge l’obbligo di mantenimento in capo ai genitori; l’obbligo infatti si è estinto definitivamente al raggiungimento dell’indipendenza economica. Il figlio disoccupato non può quindi reclamare l’assegno di mantenimento; ma, se ne ricorrono i presupposti, può chiedere la corresponsione degli alimenti. L’obbligo alimentare è diverso da quello di mantenimento: ricorre nel caso in cui vi sia un vero stato di bisogno del figlio che può obbligare i genitori a fornirgli quanto strettamente necessario per vivere.