Cittadinanza italiana: si accomodi in sala d’attesa. Per 14 anni.

Cittadinanza italiana: si accomodi in sala d’attesa. Per 14 anni.
08/11/2018 Studio Incipit

Il decreto sicurezza, appena approvato dal Senato, contiene rilevanti modifiche in materia di acquisto della cittadinanza italiana. Quali e con quale impatto, ce lo spiega Irene Pavlidi, giurista e consulente esperta di diritto dell’immigrazione. 

 

 

Con sgomento, abbiamo letto e riletto il c.d. Decreto Legge Salvini (D.L. 4 ottobre 2018, n. 113): oltre a cancellare alcune norme di civiltà e accoglienza, contenute nella normativa italiana prima dell’intervento del Ministro dell’Interno, sono state cancellate ed introdotte norme in materia di acquisto della cittadinanza italiana da parte dei cittadini stranieri, che minano le basi dell’inclusione sociale dei cittadini stranieri che vivono da almeno un decennio in Italia e – ovviamente – dei loro figli.

Infatti, dal 5 ottobre u.s., con l’entrata in vigore del D.L., il termine di definizione dei procedimenti di acquisto e concessione della cittadinanza, anche in corso, è di quarantotto mesi, dalla data di presentazione della domanda.

Per darvi qualche elemento tecnico, l’Italia è il Paese europeo che impone il requisito più lungo di residenza regolare sul territorio nazionale per poter presentare la domanda (10 anni per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione – art. 9, 1°comma, lett, f), Legge n. 91/92).

Poi ci sono i tempi del disbrigo delle pratiche, che nelle grandi città e data la complessità delle procedure, impiegavano dai 3 ai 5 anni per essere concluse.

Nel 2014 il T.A.R. Lazio con una impeccabile sentenza (Sent. 2257 del 26 febbraio 2014), pronunciata a fronte di una class action che vedeva protagonisti sindacati, associazioni e singoli migranti, ha stabilito che il termine per il disbrigo dei procedimenti in materia di cittadinanza -anche quelli per naturalizzazione (meno tutelati rispetto a quelli per coniugio- oggi parificati dal D.L. per quanto riguarda l’attesa)- non poteva superare ragionevolmente i due anni.

Grazie a questa importante pronuncia, i cittadini stranieri, ed i legali a cui spesso questi si rivolgono per il disbrigo di questa complessa procedura, hanno così “inondato” il Ministero e le Prefetture territorialmente competenti, di diffide ad adempiere, una volta scaduti i 730gg. dalla data di inoltro telematico delle istanze, con il risultato di ottenere la conclusione dei procedimenti in tempi ragionevoli.

Oggi questo importante strumento è drasticamente limitato e – secondo la previsione del Ministro-dovrebbe riguardare anche le pratiche già in corso (magari vicine alla conclusione, con i vecchi termini). E’ forse questo il “problema” su cui si vuole intervenire con un Decreto legge che deve avere le caratteristiche di “necessità e urgenza”?

A che fine sono stati utilizzati i 200€ di tassa governativa (oggi aumentati con il D.L. a 250€!), che gli stranieri versano dal 2009 (c.d. Pacchetto sicurezza di Maroni) al momento dell’inoltro della candidatura per diventare cittadini?

E’ pur vero che il Decreto Legge dovrà essere convertito in Legge dello Stato italiano entro 60gg dall’emanazione, ma il timore che il Parlamento non prenda in considerazione la totale insensatezza dell’aumento dei termini così introdotti, desta grande preoccupazione.

Irene Pavlidi

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