Notizia di ieri: la Corte di Appello di Trento dichiara padri… due padri.
Sentenza storica! gridano alcuni, stravolgimento dell’ordine naturale! apocalizzano altri, vivida rappresentazione del fallocentrismo sterminatore della dea-madre-creatrice, teorizzano altre ancora.
L’ordinanza in questione, in estrema sintesi, dice che un provvedimento di un altro giudice (nella specie canadese) è valido anche in Italia.
Il provvedimento quindi, non “legalizza” la GPA (gestazione per altri, maternità surrogata vietata nel nostro Paese) non stravolge il nostro sistema giuridico, non entra nel merito della genitorialità gay ma analizza la sentenza canadese, che riconosce entrambi i padri genitori di due bambini indipendentemente dal legame biologico, sotto il profilo dell’ordine Pubblico.
Cerca cioè di capire se quella sentenza è contraria a principi imperativi del nostro ordinamento e decide che no, nel bilanciamento tra vari principi l’interesse dei bambini (bambini veri, che vivono dalla nascita con due papà che riconoscono come i loro genitori) prevale sul divieto della GPA in Italia.
Le argomentazioni e la giurisprudenza citata (interna ed europea) così come i riferimenti alle convenzioni internazionali, sono molto simili a quelle utilizzate dalla Corte di Appello di Milano in tema di trascrizione di atti di nascita formati all’estero per cui anche da questo punto di vista non mi pare si tratti di giurisprudenza così innovativa.
Quello che continua a stupirmi tra i vari urlatori e urlatrici è che non si senta l’esigenza di trovare una soluzione legislativa possibilmente equilibrata ma ci si limiti a condannare o ad osannare il lavoro dei giudici che, credo controvoglia, sono costretti a misurarsi con la realtà. Sembra quasi ci sia un sottile piacere nel chiosare, possibilmente a vanvera, piuttosto che assumersi l’onere di trovare soluzioni concrete.
Questi bambini esistono, queste famiglie esistono. Non è che se facciamo finta di niente smettono di andare a scuola o di cenare tutti insieme tutte le sere, di gioire per un bel voto o di preoccuparsi per una febbre alta. Possiamo decidere di non riconoscere diritti ai bambini e doveri agli adulti perché quella non si può chiamare famiglia, perché mettere a disposizione il proprio utero per altri è un abominio, o per mille altre ragioni ma loro continueranno a sentirsi tali.
Avv. Benedetta Colombo