Gli esperti di questa materia hanno ben presente il tipo di garanzie elevate e la disciplina giuridica molto più favorevole rispetto alle famiglie di stranieri tout court– che, seppur complessa e stratificata – regola il c.d. status dei familiari extracomunitari dei cittadini italiani.
I non esperti, possono senz’altro immaginare, che vi siano delle agevolazioni, trattandosi di temi riguardanti la “famiglia” (questione non proprio di secondo piano nel Bel Paese..).
Infatti, nel Testo Unico sull’Immigrazione del 1998, (la famosa Turco- Napolitano, poi D.lgs. 286/98), un articolo specifico, l’art. 19, 2° comma, lett. c), stabiliva che NON POTEVA ESSERE ESPULSO lo straniero, parente entro il 4°grado (oggi 2° grado!) o coniuge, CONVIVENTE, del cittadino italiano.
Nel 2007, l’Italia recepisce con ritardo la Direttiva comunitaria che regola il soggiorno e la circolazione dei familiari non comunitari dei cittadini comunitari (Direttiva 2004/38/Ce, recepita dal D.lgs. n. 30 del 6 febbraio 2007).
La disciplina è decisamente favorevole per questi stranieri e le procedure particolarmente snelle, seppure non prive di criticità.
Se il cittadino straniero è infatti familiare di un comunitario stabilmente residente in Italia, costui non deve:
- ottenere il Nulla osta all’ingresso in Italia;
- dimostrare la disponibilità di un alloggio idoneo, che deve essere conforme ai requisiti igienico-sanitari, nonché di idoneità abitativa, ma è sufficiente la residenza del familiare UE;
- convivere obbligatoriamente con il familiare U.E.
Una volta dimostrato quindi il legame familiare (con opportuna documentazione – che se proveniente dall’estero deve essere tradotta e legalizzata o apostillata,) e lo status di familiare a carico, il cittadino extracomunitario richiede ed ottiene la Carta di soggiorno del familiare del cittadino U.E. della durata di anni 5, rinnovabile a tempo indeterminato trascorso il suddetto termine.
Chi sono questi “fortunati” familiari? Il coniuge, i discendenti fino a 21 anni o a carico, gli ascendenti a carico e i partners [1] (per ora nel nostro Paese quest’ultima categoria non ha ricevuto tutela, ma vedremo che cosa succederà quando verrà approvato il Testo definitivo sulle c.d. Unioni civili).
Possiamo applicare questa norma ai cittadini italiani e ai loro familiari? Certamente sì!
Le procedure sono estremamente semplificate così come lo sono i requisiti (alcuni di questi si possono addirittura autocertificare!).
Ma che cosa succede nella pratica?
La nostre autorità di Pubblica sicurezza hanno dovuto modificare le proprie procedure di rilascio delle diverse tipologie di permesso di soggiorno, trattandosi, nel caso dei familiari dei cittadini comunitari e/o italiani, di una categoria particolarmente tutelata dalla normativa, non solo nazionale.
Oltre alle criticità che riguardano alcuni concetti, come la dimostrazione delle risorse sufficienti a mantenere il familiare, i mezzi per dimostrare che il familiare è a carico, il concetto di convivenza, etc..(di cui non sto a citarvi la copiosa ed illuminante Giurisprudenza europea!), che ancora oggi faticano ad essere compresi da molti operanti della Questura e dei Commissariati, il cittadino italiano o europeo che vuole regolarizzare il proprio familiare straniero, deve driblare una serie di passaggi che vorrei semplificare in questa tabella:
Dalla fine del mese di settembre 2013, con il messaggio n. 400/A/2013/12.337, il Ministero degli Esteri, afferma di introdurre un’importante semplificazione alla richiesta di visti di ingresso dei familiari extra UE dei cittadini italiani e comunitari residenti in Italia.
Vengono così aboliti i visti nazionali di tipo D per famiglia (quelli di lungo periodo, cioè superiori a 90gg.) e sono sostituiti con un visto di durata inferiore a 90 gg. di tipo C.
Questa nuova tipologia di visti, una sorta di “visto turistico agevolato” deve essere rilasciata gratuitamente dalle ambasciate/consolati italiani all’estero al familiare del cittadino italiano o UE che dimostri il legame familiare con il cittadino e –se previsto- lo status di familiare a carico.
I visti dovrebbero essere rilasciati sempre con priorità rispetto alle altre tipologie di visto e –ribadisco- senza costi a carico del familiare.
Ahimé, quasi tutte le nostre Rappresentanza consolari all’estero hanno appaltato il servizio di richiesta e rilascio dei visti di ingresso ad Agenzie esterne, che non applicano alcuna distinzione nella modulistica della richiesta di visto breve, così come nel trattamento offerto, anche quando hanno di fronte il familiare di un cittadino italiano o U.E. e non un semplice turista.
Nel corso di questi pochi anni di applicazione, ho visto numerosi abusi e violazioni del diritto sancito dalla Direttiva europea in materia (Direttiva 2004/38/CE), persino alcune pagine web ufficiali dei Consolati riportano indicazione erronee per questa tipología di visti, vessando il familiare con richieste di fidejussione bancaria da parte del cittadino italiano/UE a garanzia del viaggio, pagamento di biglietti aerei A/R, provvedimenti di rigetto abnormi e assolutamente privi di fondamento giuridico.
Consiglio vivamente di prendere contatti diretti con l’ufficio visti della Rappresentanza consolare compentente, prima di inviare il familiare a richiedere il visto. In alcuni casi (mi è recentemente capitato con l’Ambasciata di Italia in Manila), l’ufficio mi ha tempestivamente dato un appuntamento presso i loro uffici, proprio per espletare direttamente la pratica a favore della mamma anziana, cittadina filippina, di una mia assistita italiana.
Infine, vanno segnalati all’Ufficio Relazioni con il Pubblico del Ministero degli Esteri TUTTI gli abusi, prima di ricorrere alle vie giudiziali.
Dott.ssa Irene Pavlidi
Consulente legale
stranieri familiari di cittadini italiani